HomeIndice generale > La Viticoltura dei Colli Euganei > Alcuni appunti sulla viticoltura euganea
 
Vinum dulce gloriosum - pingue facit et carnosum atque pectus aperit... “ è un verso tratto dal famoso elogio del vino scritto da Morando da Padova “qui Padue in gramatica rexit” nel secolo XIII e riportato nella Cronica  di frate Salimbene da Parma. Cfr. L. Messedaglia, Leggendo la Cronica di frate Salimbeni da Parma. Note per una storia della vita economica e del costume nel secolo XIII, in “Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 103 (1943-44), p.te II, p. 407. E contiene forse un riferimento al dolce vino che già allora si produceva nei Colli Euganei. La viticoltura dei Colli, infatti, vanta tradizioni che vanno fino all’epoca romana, almeno a giudicare da quell’epigramma di Marziale - per la verità di non facile interpretazione — dove si parla delle “contrade euganee di Elicaone” con i "dossi dipinti e trapuntati di viti". Stanchi del vin latino - cioè di quello prodotto dai vitigni tradizionali - si cerca la più raffinata vernaccia o il vin greco, il moscatello o la malvasia, vitigni importati da regioni straniere e che, al pari delle spezie, odorano i profumi di terre lontane. Così riservata ai palati dei pochi sarà anche quella vite schiava che Alberto da Baone, vassallo del potente marchese Obizzo d'Este, importò nelle sue terre, nei montis heuganeis, presto imitato anche dagli investimenti dei borghesi. L'episodio ci viene raccontato dal cronista Giovanni da Nono , il quale scrivendo nei primi anni del '300, data all'Anno del Signore 1184 quest'opera di disboscamento attuata dal conte - saggio e uomo probo, si dice. Avendo navigato in Slavonia, al suo ritorno costui portò con sè queste viti sclavas  - termine che da alcuni viene anche collegato all'origine geografica - che fece piantare sul monte di Baone.