HomeIndice generale >  Una cucina euganeaAlberi da frutto e il castagno
 
Tipici dell’ambiente collinare sono anche i molteplici alberi da frutto. Essi Fan parte del paesaggio collinare sin dai tempi più antichi, quando, frammisti ai vigneti, integravano la povera economia, consentendo lo smercio delle primizie. Si cominciava in primavera con le ciliegie, le biancoline e poi con le marinele, le asprigne amarene. In giugno eran pronti gli àmoli del Santo, di sant’Antonio, e i pereti de san Piero, i pomi sanpieroi e gli armellini. Per la Festa dell’Assunta eran pronti i fichi: i madonati, maturi per la ricorrenza mariana, i sucoi a forma di zucchine e quei figalini raccolti per preparare quelle lunghe “corone” seccate al sole e intrecciate con filo di canapa. E mentre si raccoglievano le mandorle, settembre portava le zìzole, le giuggiole, e i pomi ingranà, i melograni dai rossi chicchi. Intanto si faceva l’uva da tavola, la garganega, e poi l’uva d’oro e le prugne, le bronbe bianche nere piccole e grosse, cui s’aggiungevano noci e nocciole. Ottobre offriva, oltre al vino, i pometi lazarini, le mele cotogne usate per profumar le lenzuola e per fare il vin brulé. Ultime arrivavano le sòrbole e le nespole o corbei: simili a piccole pere le sòrbole, coperte di paglia come le nespole, si disacerbavano all’inizio di novembre.É una tipicità assolutamente unica dei Colli Euganei l’associazione delle colture primarie di vite ed olivo con il mandorlo, il fico, il giuggiolo e il melograno. Questi prodotti minori - la cui crisi ha cominciato a farsi sentire dagli anni ‘60 con l’ampliamento della rete commerciale e della distribuzione - possono ancor oggi costituire una specificità del territorio ed una voce economica di rilievo. 
 
Tipica è anche la coltivazione del castagno della cui tradizione ci conferma Plinio il Vecchio (Storia naturale, xxxi, 3) il quale ricorda come l’introduzione del castagno finisse per sostituire quasi completamente il faggio, facendosi preferire per il frutto e per il legno. Il castagno fu introdotto nei Colli dagli stessi Romani quale coltura arborea più utile e redditizia, e attecchì così bene che Plinio riferisce di un certo Corellio, cavaliere romano nato a Este e trasferito a Napoli, dove ottenne, mediante un innesto con un germoglio portato dalla sua terra, una qualità prelibata di castagne che poi fu detta corelliana. E se qualche etimologia bonaria fa derivare Montericco da riccio per l’abbondanza dei castagni, è invece documentata una notorietà delle castagne saporite e grosse — detti maroni — prodotti in gran quantità a Calaone. Per gli abitanti dei Colli il frutto ha costituito un riferimento importante. Nell’alimentazione, innanzitutto: ce ne dà una testimonianza l’abate Barbieri che all’inizio dell’800 nel suo rifugio di Torreglia descrive i popolani intenti a mangiare le «molli castagne» nelle lunghe serate d’inverno, «quando assisi al cantuccio de’ lor focolari, bevono a josa, e contano favole». Connotando il paesaggio come nel caso del castegnaròn di Carbonara o quello di Castelnuovo - subito dopo le curve di Schivanoia — e segnando la memoria nei toponimi come nella castagnàra del sènto a Valnogaredo sotto la cui ombra i vecchi si fermavano a chiacchierare durante la salita. Oggi la tradizione è mantenuta viva nella sagra dei maroni che si celebra a Teolo la terza domenica di ottobre, quando abilissimi caldarrostai lanciano a raggiera verso l’alto castagne abbrustolite a fuoco vivo che ricadono nella padella bucherellata (quello stesso arnese indispensabile, cui fa cenno il Platina), per abbronzarsi fino a completa cottura. I maroni sono i frutti — meno numerosi ma più grossi e gustosi — dati dalla pianta che ha ricevuto l’innesto migliorativo. Con le castagne si facevano polente, pane, torte, biscotti, minestre ed un tipico dolce autunnale, il castagnaccio (farina di castagne, zucchero, uva passa, pinoli, olio d’oliva). Sull'argomento si veda: 
Mazzetti A., Maronàri e maronarìe,in I Colli Euganei, a cura di F. Selmin, Sommacampagna (VR) Cierre, 2005, p. 75-78; 
 
Sensibile a questo fatto storico e colturale - si consideri che un censimento realizzato di recente ha rilevato nei Colli circa 2.400 piante, per una superficie complessiva di quasi 34 ettari - il Parco Colli ha messo a punto un «progetto Castagno» che si propone di rilanciare e promuovere la castanicoltura da frutto nei Colli e di salvare dall’estinzione i biotipi autoctoni. Dell’argomento si occupa: 
Moretti R. — Pasqualin A., ll castagno da frutto nei Colli Euganei. Silsab 2001.