Il caso del teologo Dietrich Bonhoeffer

L'antisemitismo era così diffuso e radicato nella cultura e nell'immaginario tanto che non risultare visibile. Perfino un uomo giusto, che non esitò a mettere in gioco la sua stessa vita, come il teologo Dietrich Bonhoeffer, conoscerà la paura di esporsi e il conformismo del pregiudizio. In questo brano (tratto dal volume di Christian Gremmels – Heinrich W. Grosse, Il cammino di Dietrich Bonhoeffer nella Resistenza, Torino 2006, cap. II, pp. 13-22) si rende conto di come un intellettuale tedesco, un teologo di profonda intensità, viva sulla propria pelle le contraddizioni di un pensare comune ma come anche divenga consapevole del tradimento dei profondi valori cristiani che la sua Chiesa Evangelica mette in atto accettando la clausola ariana.

La figura di Dietrich Bonhoeffer merita attenzione per il coraggio e l'integrità che lo porterà a non aver paura di prendere posizione contro il regime in una Germania dalla coscienza anestetizzata, una scelta che gli costerà il carcere e poi l'impiccagione nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile del 1945, per ironia della sorte pochi giorni prima della caduta del Nazismo. In questo campo Bonhoeffer era stato imprigionato dall'aprile del 1943 con l'accusa di aver cospirato contro Hitler. Le numerose lettere inviate dal teologo furono raccolte in uno straordinario testo che prese il titolo illuminante di Resistenza e Resa. In queste breve note si rende conto del percorso di emancipazione e di superamento della religiosità tradizionale che il teologo Bonhoeffer aveva compiuto attuando una revisione profonda del concetto del divino e del modo in cui il cristiano si accingeva a vivere la sua fede.